Prima cosa: il termine smart working è stato sdoganato ufficialmente ormai da un anno a questa parte. E rappresenta, in un certo senso, l’evoluzione del lavoro. Non di tutti i lavori, chiaro. Ma sicuramente di una parte di quelle attività lavorative che hanno necessità di solamente due cose: un device come può essere un computer e una connessione internet (decente). Bisogna anche sottolineare come il termine inglese, beh in inglese non esiste. Si sa, noi italiani siamo popolo di creativi, e abbiamo adottato un termine che, nella lingua madre, non significa nulla. Vabbè, ci siamo capiti.

Insomma, con la pandemia sono cambiate tantissime cose. Una delle principali è sicuramente il modo in cui ci approcciamo al lavoro. Molte aziende hanno compreso questa lezione, al punto che una delle più importanti e iconiche al mondo l’ha messo in pratica.

Così si fa!

Dicevamo: Spotify d’ora in poi, detto in breve, lascerà libera scelta ai suoi dipendenti sul luogo di lavoro dal quale vorranno fornire le loro prestazioni. Come dicevamo, l’importante è una connessione internet adatta e un device che permetta anche videocall e videoconferenze. Oltre, ovviamente, all’operatività di tutti quegli strumenti di lavoro che permettono un efficientamento nello svolgimento di tutte le pratiche.

Come dice Spotify, Work From Anywhere! Questa sorta di manifesto si declina in 3 diverse visioni:

1. Il lavoro non è qualcosa per cui le persone vengono in ufficio: è qualcosa che fanno
2. L’efficienza non può essere misurata in ore trascorse in ufficio. Al contrario, dare alle persone la libertà di scegliere dove lavorare accrescerà la loro produttività.
3. Dare ai nostri dipendenti maggiore flessibilità li aiuterà anche a trovare un migliore bilanciamento casa-lavoro

Spotify riassume alla perfezione il nuovo approccio con questa massima, “Vuoi comprarti un pickup e stabilirti in una fattoria a centinaia di miglia dall’ufficio Spotify più vicino? Va bene, è una tua scelta”. Non male, no?

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