Il Rapporto di Assofranchising sullo sviluppo positivo del 2020
Il Rapporto Assofranchising Italia 2020 presentato da Assofranchising – l’Associazione Italiana del Franchising e l’Osservatorio Permanente sul Franchising – riporta i risultati e le tendenze del settore per il nuovo anno e analizza i dati attraverso la lettura dei principali indicatori sulle reti.
I dati del 2019 confermano la forza della rete, registrando un +4.4% di giro di affari, con un guadagno di oltre 26 miliardi di euro nel 2019, +5% di occupati e un +4.7% di nuove aperture: numeri che indicano come il franchising in Italia continui ad essere un settore sano e in continuo sviluppo (dati al 31 dicembre 2019).
I 56.441 punti vendita inaugurati indicano l’ampio margine di crescita e i nuovi 10.359 nuovi posti di lavoro dimostrano un incremento, rispetto all’anno precedente, degli addetti impiegati nelle reti. Sempre più imprenditori nutrono infatti fiducia nel sistema dei network e contribuiscono alla crescita del mercato.
Ad oggi, si contano 980 insegne operative in Italia (+0.2%), di cui – come specificato dal Rapporto – 880 italiane, 71 master di franchisor stranieri in Italia, 29 reti straniere che operano nel Paese solo con franchisee, ma con sede legale all’estero.
Il sud e le isole sono in testa per numero di negozi, con la Sicilia che mantiene il primato dell’area e il terzo posto in Italia, dopo Lombardia e Lazio.
Riguardo invece l’analisi di rapporto tra fee di ingresso e l’investimento iniziale, il Rapporto evidenzia come il 30% delle reti preveda investimenti contenuti e facilmente accessibili, con oltre 1/3 delle insegne che richiede un diritto di ingresso inferiore ai 5.500€ e l’80% che non necessita di esperienza iniziale prima della stipula del contratto in franchising.
“In un contesto economico come quello attuale” – spiega Augusto Bandera, Segretario Generale Assofranchising, “appare quasi fisiologico che il franchising, come tutti i modelli fondati sulla cooperazione e sul risk-sharing, sia favorito nella competizione di mercato. Si considerino i benefici per entrambe le parti coinvolte, quali, ad esempio, l’aumento della visibilità e la riconoscibilità a livello nazionale e internazionale del marchio condiviso, il trasferimento del know-how, l’utilizzo della formula imprenditoriale che caratterizza il brand o l’espansione aziendale dettata dalla crescita dei punti vendita”.
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